venerdì 6 aprile 2012

Non serve la calcolatrice


La notizia più importante dell’intera settimana non è quella della debacle leghista (la Lega in venti anni non è riuscita nella sua promessa originale, quindi ha fallito ed il resto è solo cronaca giudiziaria)  o della riforma del mercato del lavoro (come detto, un sostanziale pasticcio), ma la seguente: la certificazione dell’Istat che stiamo diventando tutti più poveri: cala il potere d’acquisto e la propensione al risparmio delle famiglie, mentre le imprese non riescono a fare profitti, cioè a creare ricchezza. Penserete: dove è la notizia? Chiunque vada a “fare la spesa” o viva la realtà di vita d’impresa già lo sapeva. E’ vero, ma sembra proprio che a non rendersene conto  siano proprio coloro che  dovrebbero  avere la  percezione reale della situazione del Paese, i nostri Professori.  Quindi ben vengano i dati certificati,  nell’auspicio che siano recepiti e si agisca di conseguenza. Nel frattempo, noi cittadini che facciamo? Ci limitiamo a snocciolare sterili critiche e bla bla bla  o proviamo a “far due conti” nel tentativo di individuare possibili soluzioni alternative ad una manovra improntata all’austerity ed alla maggior imposizione fiscale che rischia di non giungere a niente? (vedi “Professori ripetenti” di ieri). Proviamoci.

Come più volte ribadito, la ricetta giusta per riaccendere la luce (a mio avviso beninteso) è diametralmente opposta alla soluzione imposta dal governo. Occorre tagliare la spesa pubblica, diminuire le tasse e privatizzare una parte sostanziosa del patrimonio immobiliare dello Stato per diminuire in conto patrimoniale il debito pubblico. Un inciso: ricordiamoci che siamo chiamati a pagare ca. 200 Mld/€.  entro l’anno …mah!

Per oggi, limitiamoci alla spesa pubblica. Ne parlano in molti, da anni i vari governi che si sono succeduti alla guida del Paese non sono riusciti ad escogitare un qualcosa di fattivo. Perché? Semplice, erano tutti governi politici, quindi dovevano rispondere al loro elettorato e….diventa dura! Oggi abbiamo un governo di tecnici che, per mandato ed espressione del loro capo, è a termine, non deve quindi essere soggetto ai vari “consensi”: anche per i politici rappresenta  una bella via di fuga! Si è quindi diffusa una sorta di rassegnazione che porta ad essere convinti che tagliare sia di fatto impossibile.  Calcolatrice alla mano, non credo. Vediamo i numeri.

La spesa pubblica ammonta ad oggi a  800 miliardi pari a ca il 50% del prodotto interno lordo. Senza entrare nel merito delle principali voci di spesa, dalla sanità all’istruzione ed …alla corruzione (dove sarebbe facile ottenere risparmi), occupiamoci solamente delle economie di scala che si potrebbero realizzare solo con una maggiore efficienza della pubblica amministrazione. Le forniture alla PA ammontano a ca. 140 Mld /anno. Di queste, oltre la metà sono imputabili alla sanità, circa 77 Mld e sono praticamente raddoppiate negli ultimi 5 anni. Possibile? E’così. Certo se una siringa a Palermo costa p.e. 20 euro ed a Milano 2 euro, evidentemente tale incremento è possibile…. Proposta: centralizzare gli acquisti, eliminare l’autonomia delle singole aziende sanitarie ed ospedaliere per un unico centro acquisti. L’esperienza in tutti i casi studiati nelle imprese private porta ad un risparmio di circa il 25%. Troviamo così, per strada ca 20 Mld, probabilmente ancora di pù se pensiamo che l’attuale frammentazione ed indipendenza negli acquisti lascia molto spazio a fenomeni non proprio “cristallini”: peculato, corruzione ect..

Trasferimenti alle Imprese, un tema caro all’economista Mario Baldassarri: i 44 miliardi di trasferimenti e sussidi alle imprese private e pubbliche. Soldi che in gran parte non accrescono l’efficienza aziendale né la concorrenza. Da anni si parla di metterci mano, ma nessuno lo fa. Eppure sarebbe sufficiente, dopo aver eliminato quelli palesemente inutili, trasformare tutti i sussidi rimanenti in detrazioni fiscali a vantaggio dell’occupazione per limitare il salasso. Ed eliminare anche molti abusi.  Qualora per una pseudo utilità sociale,  si decidesse  a tutti i costi di mantenere tutti i sussidi annuali alle imprese pubbliche – grosso errore a mio avviso   i 28 miliardi rimanenti di trasferimenti alle imprese private potrebbero  diventare circa 7 miliardi di credito d’imposta, il resto sparire. Così facendo, 21  miliardi di euro  verrebbero cancellati alla voce spesa pubblica.

Ultimo centro di costo, quello in apparenza  più delicato e sensibile. La spesa per emolumenti e salari del pubblico impiego che incide per 170 Mld/anno. Occorre ridurre il numero dei dipendenti pubblici. In Italia sono circa 4 milioni: un numero spropositato, insostenibile a lungo termine. Questo non significa licenziarne molti, come peraltro sostengono in tanti. Sarebbe sufficiente, sul principio delle liberalizzazioni, allocare le società di servizi controllate e/o partecipate dalla PA al settore privato. Sono decine di migliaia di lavoratori di queste aziende il cui stipendio grava sulle casse dello Stato, circa 160.000 per un totale in soldoni di 35 Mld/anno.

Riassumendo,  abbiamo individuato 76 Mld/anno di possibili tagli solo grazie ad una maggior logica ed efficienza gestionale, senza andare a toccare i grandi capitoli di spesa.  E non è nemmeno servita la calcolatrice….

Buona Pasqua!

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