martedì 15 maggio 2012

Anche i banchieri hanno un'anima...


Metti  un business lunch (siamo a Milano… ma così è scritto sul menù) con due alti dirigenti di una importante banca straniera,  amici di vecchia data. Uno è il responsabile del settore private, l’altro del corporate della sede italiana. In passato i nostri pranzi di lavoro settimanali ci portavano ad accese discussioni e grandi strategie sul ..campionato di calcio, mentre argomenti più affini all’ambiente finanziario e le questioni professionali erano relegati a qualche minuto dopo il caffè. Ebbene, al di là dell’amicizia personale, mi è capitato ieri di provare un sentimento di compassione per questi due “poveri” signori. Come – penserete – compassione per questi due che rappresentano quel mondo bancario che ha lucrato con i risparmi della gente, inventato strumenti finanziari incomprensibili, sconquassato l’economia reale  e messo letteralmente in croce migliaia di imprese? Si, lo confesso. Vediamo perché…

Al loro arrivo al consueto ristorante, noto che stranamente   non maneggiano, come loro solito, i cellulari. Dopo qualche minuto ancora nessun trillo, nessuna chiamata. Per forza: sono spenti!  Che succede? Quello del corporate, mi “confessa” che dopo una mattinata di “insulti” (a suo dire meritati) ricevuti dai Clienti, per puro istinto di sopravvivenza ha deciso di staccare, almeno per un paio d’ore. Sono mesi – mi dice – che passa le sue giornate a chiudere affidamenti ed a richiedere rientri. I suoi collaboratori oramai non “filtrano” più e si ritrova a gestire in prima persona  casi sempre più delicati ed a volte disperati di imprese che, a suo dire, non riusciranno a parare il colpo delle conseguenze del suo lavoro. Ma è quello che la Banca gli chiede di fare e da bravo soldato, deve eseguire.  L’altro, quello del private, responsabile dei patrimoni privati affidati alla gestione della Banca, non sa più come “rassicurare” i Clienti, come arginare le sempre più incessanti richieste di trasferire i loro soldi in Paesi che, a loro dire,  offrono maggiore tranquillità rispetto all'Italia. Poi se la prende bonariamente  con il collega, citando casi e nomi di alcuni imprenditori che, da una parte si vedono chiudere i rubinetti del credito per le loro aziende, dall’altra sono gli stessi che hanno affidato alla banca i loro risparmi personali. Paradosso “bancario”? Solo all’apparenza. In realtà, dopo alcuni bicchieri, mi prospettano quello che, stando alle loro riflessioni ed indiscrezioni interne, è l’obbiettivo finale della Banca: cedere gli assets italiani per investire in altri mercati, quelli “rampanti”,  dove maggiori sono le opportunità e le possibilità di marginare profitti. In sintesi, limitare i rischi di sofferenze e di  insolvenza, poi ..vendi e fuggi! Comprendo quindi il loro stato d’animo: non è professionalmente gratificante quello che sono costretti a vivere tutti i giorni ed anche per loro, come per molti altri in Italia, il futuro rimane una profonda incognita.

Dopo averli salutati, cammino per le vie del centro. Tra negozi con insegne “liquidazione totale per cessata attività” e cartelli contro la famigerata Area C, mi accorgo che non abbiamo nemmeno sfiorato l’argomento  calcio…


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