lunedì 29 aprile 2013






Il giustizialismo anti Berlusconi stia alla larga dal governo Letta


29 - 04 - 2013 Romano Perissinotto

Il giustizialismo anti Berlusconi stia alla larga dal governo Letta

Con buona pace dei paladini della giustizia, i molti moralisti spesso senza la morale della responsabilità, mi auguro solo che le possibilità del nuovo esecutivo non vengano inficiate da sentenze di condanna che sarebbero un disastro non per il Cavaliere, bensì per il Paese...
Fossimo all’ippodromo, potremmo dire che ieri, al Colle, il “Governo al tondino” ha mostrato ai cittadini lo stato di forma dei suoi ministri, oggi il “governo al via” si accinge con il voto di fiducia ad iniziare la sua corsa.
Non ci saranno sorprese al traguardo. Chi nel Pd ha gridato allo scandalo, all’inciucio, ora abbassa le orecchie, chi probabilmente ha colto l’occasione per un po’ di propaganda personale, rientra nei ranghi. I vari Puppato, Civati, Bindi dimostrano come non esiste un conflitto generazionale: la miopia e l’opportunismo è una caratteristica trasversale rispetto all’età anagrafica. Ne escono malridotti, perlomeno quelli ancora ancorati agli steccati della Seconda repubblica, trincerati rispetto alla paura di un tweet di protesta della base o da vecchi rancori pregiudiziali nei confronti dell’altra parte.
Sorride il Cavaliere e ne ha tutte le ragioni. Nell’arco di pochi mesi è riuscito a mostrare il meglio di sé. Non solo nell’attività dove non ha eguali, nella campagna elettorale, ma anche per come ha gestito il post voto, disponibile al dialogo e senza mai prevaricare il ruolo dell’avversario, anzi mettendosi a disposizione ed incitandolo a fare. Il povero Bersani, non ha colto l’attimo.
Con Monti poi è andato oltre: non solo il professore della Bocconi lo ha indicato come “il più bravo di tutti”, ma non è stato ermetico nel dichiarare che la compagine politica che si era organizzata attorno alla sua salita in politica, avrà un futuro comune con il Pdl. E sono stati poi alcuni esponenti di Scelta Civica, in particolare Andrea Romano, a confermare la pochezza di quel progetto che, in definitiva,  è stato solo un sassolino nella scarpa del Cavaliere durante la campagna elettorale. Il direttore di Italia Futura dovrà rispondere, prima o poi, di scelte incomprensibili che hanno trasformato un think tank liberale in un biglietto di sola andata per il Parlamento per lui e pochi altri. Vedremo.
Dicevamo, governo al via con un’ampia maggioranza a disposizione e, dall’altra parte, un manipolo di impreparati, i miracolati grillini, all’opposizione. Un nuovo bipolarismo de facto, a mio avviso, le prove tecniche di uno scenario futuro completamente diverso rispetto a quello attuale.  Non ci è dato di sapere cosa succederà e molte sono le variabili e le incognite legate al destino del Paese nelle prossime settimane. Tuttavia, la compagine di Letta pare solida, così come deve essere per incidere là dove è necessario, in quel consesso europeo dove oramai si decidono i destini delle nazioni del vecchio continente.
Su tutto, però, incombe la nuvola nera del Tribunale di Milano con i processi a carico di Berlusconi. Con buona pace dei paladini della giustizia, i molti moralisti spesso senza la morale della responsabilità, mi auguro solo che le possibilità del nuovo esecutivo non vengano  inficiate da sentenze di condanna che sarebbero un disastro non per il Cavaliere, bensì per il Paese:  farebbero di colpo riaccendere  il fuoco di uno scontro frontale che brucerebbe le intese raggiunte, erigendo un muro invalicabile ed una nuova montagna di chiacchiere, discussioni, tensioni. In sintesi, una nuova paralisi.
Nei giorni scorsi, auspicavo metaforicamente l’illuminazione dello Spirito Santo nel conclave del Tribunale di Milano. Oggi la speranza è più laicamente quella che prevalga il buon senso, una ratio superiore che trascenda le presunte responsabilità penali di Silvio Berlusconi e che i bunga bunga rimangano solo un triste scivolone comportamentale di un ex premier rivelatosi oggi il principale artefice di una nuova fattiva opportunità di governo. Peraltro, ne sono certo, ha gettato i semi di un futuro quadro istituzionale che davvero potremo chiamare la Terza Repubblica. Non si ritorni alla seconda!

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