lunedì 4 novembre 2013

Saccomanni dice un sacco di frescacce sul contante


30 - 10 - 2013Romano Perissinotto
Saccomanni dice un sacco di frescacce sul contante
Ascoltare alla radio il ministro Saccomanni fare il punto sulla legge di stabilità mentre stai guidando in autostrada sotto un nubifragio autunnale che nulla ha da invidiare a un temporale estivo, rafforza la percezione – peraltro diffusa – che l’Italia non sia un Paese normale. Quando poi ritorna sulla sterile e noiosa questione dei limiti all’uso del contante, sopraggiunge dapprima una sensazione di scoramento che si trasforma subito dopo in una esclamazione liberatoria del tipo “ma va a… stare nel mondo reale”.
Davvero sono ancora a discutere sulla questione? Ancora la libera circolazione del contante è considerata dal ministro come la madre di tutti i problemi legati all’evasione fiscale e il ridurne l’uso come la panacea dei conti pubblici dello Stato? Delle due, l’una: o il ministro ingenuamente ci crede davvero, oppure siamo di fronte ad un ennesimo grande inganno. In ogni caso, dimostra agli italiani di essere inadeguato al ruolo, come peraltro gli era già successo in occasione di sue precedenti inopportune e intempestive dichiarazioni.
Credere che l’utilizzo della moneta elettronica, quindi la tracciabilità delle transazioni, possa risolvere il fenomeno dell’evasione domestica è un non senso ridicolo, rivelatore dell’incapacità congenita di percepire la realtà terrena, tipica di chi, vissuto sulla luna, è chiamato a gestire ciò che accade sulla terra.
Abbiamo già visto nel recente passato certe genialate tafazziane sul lusso e gli effetti reali che hanno poi prodotto: code alle frontiere di capitali in fuga, interi settori in agonia e aumento degli acquisti oltreconfine. Nefasti!

Solo un tecnocrate come Saccomanni prestato frettolosamente alla politica può credere che un evasore possa essere dissuaso da una tale misura. E poi, è possibile che il ministro non accenni al fenomeno dell’elusione fiscale, quella che davvero incide sui conti pubblici e che certo non è regolata da pagamenti in contanti?
Siamo ancora una volta di fronte a un atteggiamento demagogico e ipocrita che, a fonte dell’incapacità da parte del governo di percepire un principio di realtà, ovvero la necessità di un radicale cambio di paradigma nel rapporto fiscale tra Stato e cittadini, ci si trincera accusando questi ultimi di essere tutti, indistintamente, una sorta di furbetti o peggio delinquenti.

Tutto ciò, oltre che stupido, ingiusto e offensivo, è francamente intollerabile, in particolare per chi il contante lo ha guadagnato onestamente e ha il diritto di spenderlo in Italia come vuole e nella forma che gli è più comoda, senza essere tentato o costretto ad andare all’estero…

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