“Giocavamo con regole italiane: evasione,
inflazione, sussidi, mercato protetto. Giochiamo ora regole globali: ecco da dove nasce disperazione” poi prosegue “Nel modello italiano si aggiustava tutto rinviando i problemi.
Globalità+Euro ci costringono a riforme
e in tanti non si rassegnano” ed
infine “Abbiamo creduto a miraggi:
piccolo è bello, modello italiano, Crisi passeggera e ora stentiamo a ripartire
nella severa nuova economia” . Sono tre
tweet di Gianni Riotta, giornalista e
scrittore che come molti ( il sottoscritto è tra questi) utilizza Twitter per
scambiare idee, commenti e messaggi, a
volte anche…pirlate.
Sono in parte condivisibili,
ovvero rappresentano in pochi caratteri tutti gli elementi distintivi della
nostra Nazione e del sistema Paese, in sintesi la nostra essenza. Tuttavia,
caro Riotta, solo in parte. Quel sistema fatto da miriadi di micro e piccole
Aziende ha consentito di portare l’eccellenza italiana nel Mondo, cosa non da
poco ed invidiata da molti “cugini” Europei, tanto che il processo di
certificazione del “Made in Italy” trova oggettivamente molte difficoltà e, da
più parti nell’Unione, si avanzano pretese di un “Made in Europe” . Al contrario, proprio su quel sistema di pmi che
rappresenta ca il 95% dell’imprese in Italia, dovrebbero essere sviluppate
politiche industriali, commerciali, di
rete e aggregazioni trasversali per metterlo in condizione di essere
competitivo. Dobbiamo cioè capire che cosa vogliamo essere da “grandi” e
..fare! Ed ecco che la globalizzazione non è una minaccia, ma un straordinaria
opportunità per il nostro Paese. Spesso, al talento ed alla fantasia italica, purtroppo si contrappongono gli aspetti negativi indicati da Riotta, ovvero
un senso civico piuttosto flebile, organizzazione debole, mancato senso del
bene comune: certo però che le Istituzioni non aiutano molto…
Infine una personalissima considerazione:
anche laddove si possano condividere in toto le osservazioni di Riotta, credo
si debba in ogni caso riflettere sulle misure utilizzate e da adottare. Una “terapia” d’urto
come quella decisa dall’attuale Governo rischia davvero di far rifiutare la cura al malato.
La disperazione a cui fa riferimento lo scrittore, sebbene già conclamata con
notizie di tragedie quotidiane e sofferenze diffuse, temo sia solo l’inizio di
una parabola crescente di tensioni e ribellioni che mettono a rischio il patto sociale tra i
cittadini, la civile convivenza ed il senso di appartenenza ad una
collettività. Se eravamo “ubriachi” di tanti vizi e difetti, evasione, assistenzialismo,
corruzione ed individualismo, attenzione a non togliere tutte queste droghe di
colpo: il drogato in crisi d’astinenza può rivelarsi molto pericoloso.
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