La notizia più importante dell’intera
settimana non è quella della debacle leghista (la Lega in venti anni non è
riuscita nella sua promessa originale, quindi ha fallito ed il resto è solo
cronaca giudiziaria) o della riforma del
mercato del lavoro (come detto, un sostanziale pasticcio), ma la seguente: la
certificazione dell’Istat che stiamo diventando tutti più poveri: cala il
potere d’acquisto e la propensione al risparmio delle famiglie, mentre le
imprese non riescono a fare profitti, cioè a creare ricchezza. Penserete: dove
è la notizia? Chiunque vada a “fare la spesa” o viva la realtà di vita d’impresa
già lo sapeva. E’ vero, ma sembra proprio che a non rendersene conto siano proprio coloro
che dovrebbero avere la percezione reale della situazione del Paese, i
nostri Professori. Quindi ben vengano i
dati certificati, nell’auspicio che
siano recepiti e si agisca di conseguenza. Nel frattempo, noi cittadini che
facciamo? Ci limitiamo a snocciolare sterili critiche e bla bla bla o proviamo a “far due conti” nel tentativo di individuare possibili soluzioni
alternative ad una manovra improntata all’austerity ed alla maggior imposizione
fiscale che rischia di non giungere a niente? (vedi “Professori ripetenti” di ieri). Proviamoci.
Come più volte ribadito, la
ricetta giusta per riaccendere la luce (a mio avviso beninteso) è
diametralmente opposta alla soluzione imposta dal governo. Occorre tagliare la
spesa pubblica, diminuire le tasse e privatizzare una parte sostanziosa del
patrimonio immobiliare dello Stato per diminuire in conto patrimoniale il debito
pubblico. Un inciso: ricordiamoci che siamo chiamati a pagare ca. 200 Mld/€. entro l’anno …mah!
Per oggi, limitiamoci alla spesa
pubblica. Ne parlano in molti, da anni i vari governi che si sono succeduti
alla guida del Paese non sono riusciti ad escogitare un qualcosa di fattivo. Perché?
Semplice, erano tutti governi politici, quindi dovevano rispondere al loro
elettorato e….diventa dura! Oggi abbiamo un governo di tecnici che, per mandato
ed espressione del loro capo, è a termine, non deve quindi essere soggetto ai
vari “consensi”: anche per i politici rappresenta una bella via di fuga! Si è quindi diffusa una
sorta di rassegnazione che porta ad essere convinti che tagliare sia di fatto impossibile.
Calcolatrice alla mano, non credo.
Vediamo i numeri.
La spesa pubblica ammonta ad oggi
a 800 miliardi pari a ca il 50% del
prodotto interno lordo. Senza entrare nel merito delle principali voci di
spesa, dalla sanità all’istruzione ed …alla corruzione (dove sarebbe facile
ottenere risparmi), occupiamoci solamente delle economie di scala che si
potrebbero realizzare solo con una
maggiore efficienza della pubblica amministrazione. Le forniture alla PA ammontano a ca. 140 Mld /anno. Di queste, oltre
la metà sono imputabili alla sanità, circa 77 Mld e sono praticamente
raddoppiate negli ultimi 5 anni. Possibile? E’così. Certo se una siringa a
Palermo costa p.e. 20 euro ed a Milano 2 euro, evidentemente tale incremento è
possibile…. Proposta: centralizzare gli acquisti, eliminare l’autonomia delle
singole aziende sanitarie ed ospedaliere per un unico centro acquisti. L’esperienza
in tutti i casi studiati nelle imprese private porta ad un risparmio di circa
il 25%. Troviamo così, per strada ca 20
Mld, probabilmente ancora di pù se pensiamo che l’attuale frammentazione ed
indipendenza negli acquisti lascia molto spazio a fenomeni non proprio “cristallini”:
peculato, corruzione ect..
Trasferimenti alle Imprese, un tema
caro all’economista Mario Baldassarri: i 44
miliardi di trasferimenti e sussidi alle imprese private e pubbliche. Soldi
che in gran parte non accrescono l’efficienza aziendale né la concorrenza. Da
anni si parla di metterci mano, ma nessuno lo fa. Eppure sarebbe sufficiente,
dopo aver eliminato quelli palesemente inutili, trasformare tutti i sussidi
rimanenti in detrazioni fiscali a vantaggio dell’occupazione per limitare il
salasso. Ed eliminare anche molti abusi. Qualora per una pseudo utilità sociale, si decidesse a tutti i costi di mantenere tutti i
sussidi annuali alle imprese pubbliche – grosso errore a mio avviso – i 28 miliardi rimanenti di trasferimenti
alle imprese private potrebbero diventare circa 7 miliardi di credito
d’imposta, il resto sparire. Così facendo, 21
miliardi di euro verrebbero cancellati alla voce spesa
pubblica.
Ultimo centro di costo, quello in apparenza più delicato e sensibile. La spesa per
emolumenti e salari del pubblico impiego che incide per 170 Mld/anno. Occorre
ridurre il numero dei dipendenti pubblici. In Italia sono circa 4 milioni: un
numero spropositato, insostenibile a lungo termine. Questo non significa
licenziarne molti, come peraltro sostengono in tanti. Sarebbe sufficiente, sul
principio delle liberalizzazioni, allocare le società di servizi controllate e/o
partecipate dalla PA al settore privato. Sono decine di migliaia di lavoratori di
queste aziende il cui stipendio grava sulle casse dello Stato, circa 160.000
per un totale in soldoni di 35 Mld/anno.
Riassumendo, abbiamo individuato
76 Mld/anno di possibili tagli solo
grazie ad una maggior logica ed efficienza gestionale, senza andare a toccare i
grandi capitoli di spesa. E non è
nemmeno servita la calcolatrice….
Buona Pasqua!
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