Contrariamente
a quanto aveva previsto Monti, il Fondo
Monetario Internazionale ci augura il
buongiorno con una notizia che, ipotizzata dai più, sembrava sconosciuta al
Governo: il Paese non raggiungerà il pareggio di bilancio
almeno fino al 2017 e sarà l’unico tra i Paesi industrializzati in recessione
anche nel 2013. Caspita, ma allora come faremo a rispettare gli accordi presi
con la Comunità Europea, il famigerato Fiscal
Compact? L’istituto di Washington
stima una contrazione del Pil dell’1,9% quest’anno
e dello 0,3% nel 2013 ed evidenzia
come si tratti dell’unica tra le grandi economie a registrare un calo del Pil
nel 2013. In sintesi, si allinea con le previsioni diramate dall’Osce ad inizio
anno. Nel World Economic outlook si
prevede quindi per l’Italia (insieme alla
Spagna, per la verità) una
recessione “più profonda” rispetto agli altri Paesi europei., Il rapporto
deficit/pilil italiano, sempre secondo il Fmi, passerà dal 2,4% del 2012
all’1,5% nel 2013, per arrivare poi gradualmente quasi al pareggio (1,1%) nel 2017. Il debito sarà pari al 123,4%
quest’anno e al 123,8% il prossimo. Questi in sintesi, senza grafici ed
ulteriori calcoli, i principali contenuti.
Allora,
dopo un caffè per riaccendere il cervello, vediamo se ho ben capito. Siamo nel
2012 e, stando al Fmi, raggiungeremo il pareggio nel 2017: caspita! Non sono un
pessimista, al contrario cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ma …ho
paura! Sì, perché rileggendo i numeri e vivendo la realtà delle imprese, ho la
netta sensazione che ancora una volta il denominatore, sia nel primo che nel
secondo caso, è blandamente considerato ed ipotizzato. Cinque anni sono un’eternità
in questo contesto macroeconomico. Valutando serenamente - laddove sia
possibile essere sereni in questo contesto - le manovre messe in opera dal Governo, è di
tutta evidenza la loro pochezza in termini di stimolo alla ripresa. E le
ripetute rassicurazioni e fumose spiegazioni, i tentennamenti non fanno altro
che accrescere la convinzione che, al di la delle comode (facili) pretese soluzioni
di maggior imposizione fiscale, l’esecutivo abbia finito di estrarre conigli
dal cilindro. Temo abbia concluso la sua spinta iniziale, appiattendosi nel clima
dei palazzi della politica. Errore gravissimo per un governo “tecnico”, che
avrebbe dovuto usare il bisturi e non un blando analgesico. La crisi morde duramente le famiglie e le
imprese, è così evidente che non necessita di essere ancora rimarcata. Non si
vedono segnali nella direzione dei tagli di spesa e delle privatizzazioni,
oltre ad opportuni ed assolutamente necessari ritocchi delle aliquote fiscali
sulle imprese e sul costo del lavoro.
Cosa
è quindi lecito attendersi nei prossimi mesi? Non è difficile immaginarlo dati
i precedenti: manovre fiscali ancora più deprimenti nei confronti dello
sviluppo. L'Esecutivo assomiglia sempre più ad un drogato in forte crisi di
astinenza, talmente avido di stupefacenti – tasse e provvedimenti recessivi – da essere
disposto a tutto tranne che prendere coscienza della sua malattia. La droga,
come sappiamo, uccide.
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