Negli anni 70 un uomo austero e dal carattere apparentemente malinconico, il segretario di
un partito che allora aveva chiarezza nel nome e nel simbolo - Partito
Comunista Italiano - fu protagonista di un tentativo di superare la crisi profonda che aveva colpito la
società italiana. Quell’uomo si chiamava Enrico
Berlinguer e capì che in quella fase storica, il partito che guidava avrebbe
dovuto farsi promotore di una serie di profonde riforme sociali per ottenere il
consenso della grande maggioranza della popolazione. Per far questo era
necessario il coinvolgimento non solo della cosiddetta classe operaia, ma anche di quegli strati sociali intermedi che
vedevano la DC come proprio
referente politico. Pur essendo lontano
anni luce dai suoi ideali e principi politici, credo debba essere riconosciuto
a Berlinguer il merito di aver educato milioni di italiani a concepire la politica
come passione civile, come rigore etico, come bisogno di coerenza e anche come
necessità di superare le barriere ideologiche per il bene del Paese. Si aprì così quella fase storica della
politica italiana che va sotto il nome di compromesso
storico con l’altro partito (oggi
diremmo schieramento), la DC. Il principale interlocutore della politica
del dialogo con i comunisti fu Aldo Moro. Per il leader democristiano non si
trattò di un’operazione facile, dovendo ingegnarsi tra la forte ostilità
interna al suo partito (e le pressioni
statunitensi) , che fino all’ultimo espressero la propria contrarietà al
compromesso storico. Ma anche Moro era convinto che la classe politica doveva
porre le basi per una rinascita economica e morale del paese. Il 28 febbraio
1978 il presidente DC, con un vibrante discorso, convinse il suo partito della
necessità di collaborare con i comunisti. Il rapimento e l’uccisione di Moro
segnarono la fine del difficilissimo tentativo di “solidarietà nazionale”. Pochi
anni dopo, anche il segretario del PCI scomparve tragicamente, colpito da un ictus durante un comizio in Piazza
della Frutta, a Padova. Era l’11 giugno 1984.
A
distanza di quasi trenta anni, cosa è successo? Di tutto e di più! A ricordarci
che ancora oggi, di fatto, vige un nuovo modello perverso e per niente nobile di “compromesso
storico” è un interessante libro scritto a quattro mani da due giornalisti,
Claudio Gatti e Ferruccio Sansa, dal titolo emblematico: “Il sottobosco: berlusconiani,
dalemiani e centristi uniti nel nome degli affari”. Gli autori ci descrivono un quadro avvilente fatto da immagini di
facciata, ovvero l’apparente acceso scontro politico tra i due schieramenti nelle
sedi istituzionali e nei mass media, ed uno di sostanza: la
concertazione nel dividersi i grandi affari. In sintesi: ci picchiamo in
pubblico, ma ci vogliamo bene in privato!
Non
desidero entrare nelle questioni etiche e giuridiche di questo “cartello” degli
schieramenti politici, ma semplicemente sottolineare la peggiore delle
conseguenze di questo atteggiamento : porta inevitabilmente ad uccidere la
meritocrazia. Non solo ai vertici, ma falsando le regole si crea quello che gli
autori definiscono nel titolo, un sottobosco
fatto di relazioni che distorcono le attività economiche delle imprese,
manovrando gli appalti, intervenendo arbitrariamente nei settori strategici del
Paese, come l’energia e la sanità. Un marciume dilagante, una sostanziale
inadeguatezza ad affrontare con serietà, dignità e coraggio l’enorme sfida alla
quale è chiamato il Paese. E’ il più grave peccato che si possa commettere
quando si ha la responsabilità di guidare un Paese: perdere il senso della
meritocrazia e del bene generale in nome di meschini interessi di parte. I vari casi di corruzione (con i costi che
comporta) e la perdita del senso di responsabilità della funzione di chi è “eletto” (vedi Calearo) trovano le loro origini in questo stato di
fatto che poi influisce pesantemente nella vita reale del Paese, impoverendolo
ed umiliandolo. Dobbiamo aver ben presente questo senso del merito quando
saremo chiamati ad esprimerci con il voto, consapevoli che la prossima sarà l’ultima
“uscita di sicurezza” da un sistema malato.
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