C’è da dire che in Germania, non erano pochi quelli che si stavano stancando della linea rigorista ed intransigente della cancelliera Merkel. Una fra tutte è l’opposizione socialdemocratica che si stava agitando, e parecchio.
Tuttavia non ci sentiamo di dare ragione a chi dice che la Merkel esce sconfitta dal confronto. I Bond dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) li comperavamo prima e continuiamo ora.
Diciamo che c’è stato un cambio di linea; se prima di ogni aiuto e di ogni acquisto c’era la paternale di Frau Merkel, ora l’acquisto di titoli da parte dei meccanismi europei, è stato istituzionalizzato. D’altra parte la Germania è stata la prima, assieme alla Francia, a sforare il rapporto debito/Pil del 3% e all’inizio dell’avventura europea. I Tedeschi hanno un’economia che sta tirando alla grande sia grazie all’euro debole (a causa della crisi dei paesi periferici, protratta alla bisogna dai tedeschi) sia grazie alla possibilità di indebitarsi praticamente a costo zero in confronto con i tassi assurdi applicati agli altri paesi europei.
Come in tutte le cose, mancava quello che si doveva incazzare; Mario Monti ha fatto solo ciò che si doveva fare in quanto portatore di riforme che, anche se a noi sembrano riformine, segnano un passo in avanti del Bel Paese impantanato della melma delle lobby, dei sindacati e dei partiti. L’Italia, continuando ad elencare i nostri titoli, ma anche la Spagna, hanno sempre onerato gli aiuti al Portogallo, all’Irlanda e alla Grecia, facendo pagare il conto ai rispettivi cittadini oberati di tasse dalle manovre aggiuntive per far saltare fuori i denari da “prestare” ai paesi europei in difficoltà.
Certo una dose massiccia di rigore serve, perché la crisi ha delle cause e non si può continuare a spendere e spandere come prima. L’affacciarsi alla moderna economia di libero scambio di paesi, non indebitati, ricchi di materie prime, con popolazioni che vivevano ancora all’età della pietra in confronto allo stile di vita dei paesi occidentali, ha portato una redistribuzione delle risorse, che ci impone di essere più sobri. Se da una parte ci sono i debiti e le eccessive regole, dall’altra c’è la deregulation più sfrenata e una eccessiva disponibilità di mezzi e denari.
La Germania ha frenato, ma come accennato prima, in fondo ha solamente ratificato il sistema di aiuti già in azione perché i tedeschi sanno bene che l’Europa è la loro gallina dalle uova d’oro e continueranno a coccolarla per tanto tempo ancora.
Quello che più premeva alla Germania era l’approvazione del Fiscal Compact, preludio all’unificazione di fatto dell’Europa. Il Fiscal Compact è formalmente un trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’unione economica e monetaria, noto anche come patto di bilancio. Essenzialmente, prevede un rapporto deficit/Pil al 3% e unrapporto del 60% in quello debito/Pil (l’Italia è al 120%) Del resto, qui il problema più grosso ce l’ha l’Italia; deve ridurre il debito pubblico di 50 miliardi di euro l’anno per i prossimi 20 anni.
Che non è cosa sbagliata per chi pensa come noi, che lo Stato più soldi ha a disposizione e più ne spreca; viceversa i 1900 miliardi di debito dell’Italia, sembrano poca cosa rispetto ai 14.200 miliardi di dollari del debito pubblico USA o ai 12.000 miliardi di dollari del debito giapponese.
Venendo agli Eurobond, ci sentiamo di dar ragione ai tedeschi, se si condivide il debito ma non le regole interne, significa lasciare la spesa pubblica immutata, continuare con le assunzioni clientelari e gli “sprechi”.
Ben venga quindi l’Europa della Merkel, e si concretizzi il disegno dell’Europa delle regioni fino al superamento degli stati nazionali.
Pubblicato su http://www.finanzaelambrusco.it/
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