martedì 25 marzo 2014

Da chef Renzi


13 - 03 - 2014Romano Perissinotto

pubblicato su formiche.net 

Da chef Renzi
Il menù degustazione attende di essere giudicato dall’effettiva bontà dei piatti. Solo allora noi commensali saremo in grado di giudicare la capacità dello chef Renzi e dei suoi collaboratori.
E’ un menù degustazione quello presentato mercoledì al ristorante Palazzo Chigi, ideato dallo chef Matteo Renzi nel tentativo di unire carne e pesce, miscelare vari ingredienti e ottenere così l’approvazione dei commensali. Non gli interessa più di tanto il giudizio dei tecnici critici gastronomici – gli addetti ai lavori, gli economisti – bensì di far arrivare direttamente il profumo dei suoi piatti al consumatore finale, all’avventore che dovrà decidere se prediligere le sue ricette a quelle di altri ristoratori.
D’altronde, anche l’inaugurazione del ristorante – il governo – alla presenza dei gourmet parlamentari non era stata diversa nei modi: la presentazione e la descrizione delle linee guida rivolta al pubblico al di la delle telecamere, poche informazioni sugli obiettivi, molte aspettative. Ha quindi ripetuto il copione, consapevole che il profumo che arriva dalla cucina e la presentazione influenza – e non poco – il giudizio finale sul gusto del piatto servito, meglio ancora se poi è accompagnato da una buona carta dei vini, ovvero il pressoché contestuale successo ottenuto con l’approvazione alla Camera della legge elettorale.
A differenza dei due precedenti cuochi, il rigoroso Monti e il timoroso Letta, il menù di Renzi promette porzioni abbondanti, è più leggibile e lascia intendere di risultare meno insipido: è facilmente digeribile dalla pancia dei potenziali clienti sebbene alcuni esperti buongustai possano ravvisarci delle imperfezioni o incongruenze sulla effettiva reperibilità – leggi coperture – degli ingredienti necessari alla realizzazione dei piatti descritti. Tuttavia, questo ultimo aspetto ed i giudizi preliminari, paiono interessare poco il cuoco toscano. Il suo è un percorso gastronomico dalle ambizioni ben più vaste, che vuole addirittura rivoluzionare i gusti dei futuri banchettanti per abituarli ad un nuovo ristorante istituzionale dove le regole classiche della vecchia cucina sono in discussione e ritenute obsolete, in sintesi da rottamare.
Quindi, il menù degustazione attende di essere giudicato dall’effettiva bontà dei piatti. Solo allora noi commensali saremo in grado di giudicare la capacità dello chef Renzi e dei suoi collaboratori. Nel frattempo, motivati soprattutto dalla novità, prenotiamo un tavolo pur con qualche riserva – viste alcune ricette che non entusiasmano particolarmente il palato come l’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie – speranzosi di non essere delusi, rimanere ancora affamati o, peggio ancora, di non ritrovarsi storditi da un conto salato che oggi in tanti, molti non sarebbero in grado di pagare.

giovedì 16 gennaio 2014

Il futuro è senza dubbio al femminile. Parola di papà


10 - 01 - 2014Romano Perissinotto

pubblicato su formiche.net 
Il futuro è senza dubbio al femminile. Parola di papà
Questa mattina, la signorina del centralino “Dottore, c’è sua figlia al telefono”
“Ok, me la passi” … “Ciao, che c’è?”
E lei “Sto uscendo dall’Università. Volevo sapere se hai impegni per pranzo .. “
Prendo qualche secondo “Dovrei andare con Tizio e Caio e poi rientrare”
E lei con tono apparentemente agitato “No, sai, volevo fare qualche considerazione con te sulla mia tesi. Prima ti ho mandato lo schema. L’hai visto?”
Provo una sensazione di leggero imbarazzo per aver visto la mail ma non aver aperto l’allegato “Ehm, non ancora. Ho avuto gente. Adesso lo cerco. Tutto bene?”
“Si, si – risponde – ma questa cosa mi sta creando un po’ di ansia”
Penso “ E te pareva..” Ma le rispondo “Eccolo, vediamo … “
Nel frattempo lei continua “Ci sono alcuni punti su cui potresti aiutarmi. Quello sulla creazione di valore aggiunto e vantaggio competitivo. Quando valuti una azienda o una iniziativa, nel merito …”
La interrompo dopo aver dato una brevissima alla sua traccia “Ok, lo sto leggendo. A prima vista, mi pare piuttosto articolato. Cosa dice il tuo relatore?”

“L’ho visto questa mattina – dice – gli è piaciuta l’idea del cibo come elemento di promozione dello stile di vita italiano, quindi del Paese e del sistema, poi c’è l’Expo …” e continua.
Mentre l’ascolto, penso: sono fregato! Ovviamente è tema piuttosto lungo per essere risolto ora al telefono, ma se rinvio il confronto, mia figlia passa un pomeriggio a rimuginarci, magari poi riporta a sua madre – che sarebbe mia moglie – e stasera avrei sei occhi femminili – certo, sono compresi anche quelli del cane – che mi guardano con aria d’accusa per non essermene occupato. Se poi dovesse accadere che le scappa un salutino alla nonna, mia madre, apriti cielo: scatterebbe pure il rimprovero materno..
Quindi la decisione “Senti, è molto interessante. Vieni qui in ufficio. Dico di annullare con Tizio e Caio, poi andiamo insieme pranzo e ne parliamo. Ok?”
Dall’altra parte la voce si fa più serena e soddisfatta “Grazie Pa’, sono arrivata qui sotto. Allora salgo”
Ed io “Ah, quindi …bene. Ciao” E mentre aspetto e sorrido tra il compiaciuto e l’ingannato, penso che nessuno, se sano di mente, può credere che il futuro non sia del genere femminile.

mercoledì 1 gennaio 2014

Auguri di buon anno ai giovani


31 - 12 - 2013Romano Perissinotto

pubblicato su formiche.net 
Auguri di buon anno ai giovani
Ho incontrato casualmente un vecchio amico che non vedevo da molti anni, da quando – circa venticinque anni fa – decise di mollare studio professionale, progetti di carriera forense per trasferirsi con la sua compagna di allora ai Caraibi, aprire un bar sulla spiaggia e vivere 365 giorni all’anno in maglietta e costume da bagno.
Dopo un’ora trascorsa a parlare di ricordi, delle gite domenicali in moto che diventavano sfide a limare pedane e cavalletti sulle curve della Serravalle o della Cisa (allora non esistevano tutor o radar e c’era tutta l’incoscienza dei vent’anni) mi dice che non vede ora di ripartire, nessuna nostalgia del suo Paese, che la sua patria oramai è là dove vive la sua famiglia, i suoi figli avuti da quella ragazza che nel frattempo è diventata sua moglie. Mi mostra sul telefono le fotografie dell’albergo che oggi possiede, ne parla con orgoglio e soddisfazione per il buon andamento delle prenotazioni, è appagato e felice. Quindi è curioso di conoscere la mia storia, mi confessa che tramite altri amici con i quali aveva mantenuto contatti ha avuto modo di sapere che ho avuto fortuna negli affetti e nel lavoro, ne è compiaciuto. Si è fatto tardi, ha il volo per Londra dove si fermerà un paio di giorni per poi proseguire verso casa, ci salutiamo abbracciandoci con la promessa di rivederci e l’invito ad andare a trovarlo.
E mentre si allontana, sarà per l’atmosfera del fine anno o forse per una Milano festaiola pigra e tranquilla, non posso fare a meno di pensare a quella sua giovanile decisione di tanti anni fa, coraggiosa e poco razionale, che lo ha reso un albergatore felice in bermuda invece di un professionista in giacca e cravatta. È la vita – mi dico – dove spesso sono le scelte meno comode e più rischiose a fare la differenza. E penso a mia figlia ed ai giovani di oggi, alle decisioni che dovranno prendere in un mondo sicuramente più complesso ma più piccolo, dove Shanghai o Dubai sono oggi più vicine a loro di quanto lo fossero Catania o Palermo per noi giovani di allora.
È tempo di auguri, quindi l’auspicio di un cinquantenne fortunato è che possano sempre avere il coraggio e quella lucida follia necessari per realizzare le aspirazioni ed i sogni che hanno nel cuore e riescano così trovare la felicità, poco importa se a Milano o su una spiaggia caraibica, in una grande metropoli mondiale o in piccolo paese della campagna italiana: in fondo, ciò che conta è non avere rimpianti.
Buon anno e buona fortuna, ragazzi.

venerdì 29 novembre 2013

Berlusconi e Legge di Stabilità, due misfatti in un giorno solo


28 - 11 - 2013Romano Perissinotto

Ed ora che succede dopo il misfatto?
Non mi riferisco all’ipocrita giornata vissuta ieri a Palazzo Madama, dove un’assemblea di nominati ha votato decadenza di Silvio Berlusconi. Tutto si è svolto come ampiamente previsto dal Cavaliere, non c’era assolutamente nessuna possibilità che l’acclarata stupida miopia dei suoi avversari – meglio sarebbe chiamarli nemici (cit.) – sparisse d’incanto e portasse così ad una soluzione di buon senso. Ci torneremo più tardi.
E’ la votazione di fiducia della legge di stabilità, soprattutto nei tempi e nei modi a rappresentare un misfatto. Sarebbe stato divertente chiedere ai senatori assonnati e distratti che nelle notte l’hanno approvata se, data l’importanza che riveste, fossero a conoscenza di che cosa stessero votando. Ma tutto passa nell’indifferenza in un Paese spompato e angosciato, dove la benzina dei consumi è in riserva secca, le imprese annaspano e qualche ministro illuso – o in altre faccende affaccendato – spaccia per antibiotici anti crisi i piccoli e modesti interventi di quello che oramai, purtroppo, si è definitivamente rivelato come un governicchio di stabilità, intesa però come immobilismo e non come condizione necessaria e responsabile per l’agognato interesse nazionale. Ben altro dovrebbe essere l’interesse nazionale e nondimeno meglio rappresentato laddove è possibile a farlo, in Europa.
Ma il governicchio è pavido, una sorta di Godot che aspetta il treno della ripresa, si contraddice per mesi, spesso straparla per bocca dei suoi ministri, pomposi annunci poi smentiti in un tira-e-molla fatalmente coatto data l’insipienza dei suoi esponenti e la palese fragilità dimostrata dalle larghe intese, infine redige un documento, il più importante… stabilmente inadatto ed irresponsabilmente approvato con tempi da qualifica degni della pole position di un gran premio di formula uno.
Ma tant’è, altre erano le esigenze e la discussione ritenute importanti ed ineluttabili: c’era da rispettare la scadenza principe, quella al di sopra di ogni altra priorità, persino dell’interesse nazionale: la decadenza di Berlusconi. Ecco il vero misfatto della due giorni vissuta al Senato: le soluzioni proposte dal Governo con la legge di stabilità non meritavano di essere discusse e vagliate a fondo, a ben altri ineludibili compiti erano chiamati i signori senatori della Repubblica.
Così era stato voluto e programmato dal Colle, così la giornata è stata gestita dal presidente Grasso come una grottesca apoteosi dell’ipocrisia dilagante che passerà alla storia quale una delle più imbarazzanti e per molti aspetti tragiche ed insieme ridicole della vita parlamentare. Peraltro, la conseguenza paradossale per i suoi nemici è che l’unico sopravissuto a questa giornata infelice sarà proprio lui, il Cavaliere che hanno fatto decadere dallo scranno parlamentare ma rimesso in sella come e più di prima, pronto a cimentarsi ancora e da par suo nell’eterna battaglia dei consensi.
Lo spirito sadomasochista dei talebani senatori della sinistra e gli ormoni impazziti degli adolescenti grillini,  paladini di un equivoco di fondo che identifica una sentenza di tribunale con la giustizia, hano avuto ieri la possibilità di procurare loro un orgasmo collettivo atteso da vent’anni, ma che si è già rivelato come una eiaculazione precoce nel soddisfare le esigenze di una democrazia e di una nazione che ben altre virili prestazioni e soddisfazioni avrebbe bisogno. Si consumavano all’interno del palazzo, rendendosi consapevoli (a coito oramai avvenuto) della loro modesta ed indegna figura, si guardavano infine negli occhi cercando conforto reciproco, timorosi per l’effetto boomerang  che avevano messo in moto.
Intanto, a distanza di poche centinaia di metri si rafforzava un vecchio legame tra un condannato decaduto e la sua gente, si chiudeva una vita istituzionale per aprirne una nuova. E’ il terzo capitolo di un’araba fenice brianzola che, salutando commosso al grido finale “andiamo avanti”, dava un doppio appuntamento ai suoi adepti ed agli avversari – pardon nemici – per le prossime scadenze elettorali: ci vediamo alle europee, probabilmente anche prima

lunedì 4 novembre 2013

Saccomanni dice un sacco di frescacce sul contante


30 - 10 - 2013Romano Perissinotto
Saccomanni dice un sacco di frescacce sul contante
Ascoltare alla radio il ministro Saccomanni fare il punto sulla legge di stabilità mentre stai guidando in autostrada sotto un nubifragio autunnale che nulla ha da invidiare a un temporale estivo, rafforza la percezione – peraltro diffusa – che l’Italia non sia un Paese normale. Quando poi ritorna sulla sterile e noiosa questione dei limiti all’uso del contante, sopraggiunge dapprima una sensazione di scoramento che si trasforma subito dopo in una esclamazione liberatoria del tipo “ma va a… stare nel mondo reale”.
Davvero sono ancora a discutere sulla questione? Ancora la libera circolazione del contante è considerata dal ministro come la madre di tutti i problemi legati all’evasione fiscale e il ridurne l’uso come la panacea dei conti pubblici dello Stato? Delle due, l’una: o il ministro ingenuamente ci crede davvero, oppure siamo di fronte ad un ennesimo grande inganno. In ogni caso, dimostra agli italiani di essere inadeguato al ruolo, come peraltro gli era già successo in occasione di sue precedenti inopportune e intempestive dichiarazioni.
Credere che l’utilizzo della moneta elettronica, quindi la tracciabilità delle transazioni, possa risolvere il fenomeno dell’evasione domestica è un non senso ridicolo, rivelatore dell’incapacità congenita di percepire la realtà terrena, tipica di chi, vissuto sulla luna, è chiamato a gestire ciò che accade sulla terra.
Abbiamo già visto nel recente passato certe genialate tafazziane sul lusso e gli effetti reali che hanno poi prodotto: code alle frontiere di capitali in fuga, interi settori in agonia e aumento degli acquisti oltreconfine. Nefasti!

Solo un tecnocrate come Saccomanni prestato frettolosamente alla politica può credere che un evasore possa essere dissuaso da una tale misura. E poi, è possibile che il ministro non accenni al fenomeno dell’elusione fiscale, quella che davvero incide sui conti pubblici e che certo non è regolata da pagamenti in contanti?
Siamo ancora una volta di fronte a un atteggiamento demagogico e ipocrita che, a fonte dell’incapacità da parte del governo di percepire un principio di realtà, ovvero la necessità di un radicale cambio di paradigma nel rapporto fiscale tra Stato e cittadini, ci si trincera accusando questi ultimi di essere tutti, indistintamente, una sorta di furbetti o peggio delinquenti.

Tutto ciò, oltre che stupido, ingiusto e offensivo, è francamente intollerabile, in particolare per chi il contante lo ha guadagnato onestamente e ha il diritto di spenderlo in Italia come vuole e nella forma che gli è più comoda, senza essere tentato o costretto ad andare all’estero…

venerdì 25 ottobre 2013

Cari Renzi e Alfano, cosa volete fare da grandi?


22 - 10 - 2013Romano Perissinotto

pubblicato su formiche.net
Cari Renzi e Alfano, cosa volete fare da grandi?
La sintesi finale sarà un nuovo bipolarismo, probabilmente destinato a sconfiggere la protesta inconcludente di Grillo e a decretarne la fine.
Con tutte queste correnti all’interno dei partiti, chi frequenta il Parlamento corre seriamente il rischio di buscarsi un malanno. E visto che di politica stiamo parlando, la malattia più temuta dall’onorevole o senatore indigeno è quella che lo debiliti a tal punto da escluderlo dalla prossima campagna elettorale. L’istinto di sopravvivenza è innato in ogni essere vivente, figuriamoci poi in quelli che per vocazione, ideali o opportunismo si ritrovano a rappresentare la nazione in un consesso istituzionale. Da qui nasce il sospetto che le accese discussioni, gli appelli pro e contro la stabilità di governo, i manifesti di novelli candidati alla guida di un partito, siano dettati più dall’esigenza dei singoli di ritagliarsi un angolo di paradisiaca visibilità mediatica, una sorta di viatico per il futuro, che non per una questione di principi e idee divergenti su di uno specifico argomento.
Gli abili sforzi da equilibrista esperto qual è, costringono il premier Letta a dare un calcio al cerchio ed uno alla botte con il risultato finale di scontentare tutti, dai partiti che lo sostengono alle associazioni di categoria. Ma è un governo delle larghe intese, frutto di un voto dei cittadini italiani che pone poche alternative, anzi nessuna dato che a breve la Consulta dovrà esprimersi sulla costituzionalità delle legge elettorale in vigore, mentre è di tutta evidenza che l’attuale schieramento parlamentare ben difficilmente riuscirà a partorire qualche altra proposta che non sia un ennesimo pastrocchio. Viviamo una situazione surreale di alchimie politiche, con personaggi in cerca d’autore – leggi leader – ed altri che ambiscono ad esserlo, altri ancora che scoprono quanto la politica sia dura e difficile e non basta essere professori per non inciampare nei fili invisibile che quotidianamente vengono tesi. E’ il caso di Monti, un marziano da salotto che nell’arena non avrebbe dovuto mai scendere e che ora si ritrova a parlare di un cagnolino e a puntare il dito verso quel Letta che solo una settimana fa aveva elogiato in Senato nel suo intervento a favore della fiducia. Una misera fine.
E mentre uno sparisce, altri si propongono. Alcuni come Renzi con indubbia capacità d’espressione, ma con programmi che non chiariscono, al di là di una dose massiccia di populismo, che cosa propone, o meglio a chi si rivolga: ha ragione un vecchio democristiano come Pomicino quando afferma che quello del sindaco è un manifesto che potrebbe essere votato dalla Santanchè come da Grillo. Di tutto un po’ va bene per taluni ambienti e determinati momenti, ma poi alla resa dei conti, resterà da vedere come potrà rivolgersi agli azionisti di maggioranza del suo partito e, in particolare, se sarà sufficientemente vaccinato per resistere…
Dall’altra parte Alfano è il delfino combattuto tra l’amore dei voti del padre e l’ambizione personale che è giusto che ci sia. L’esperienza passata dovrebbe avergli insegnato qualcosa, quindi non stupiscono i suoi proclami di fedeltà e riconoscimento del ruolo di Silvio Berlusconi:il vecchio leader sarà pure acciaccato dagli attacchi togati, ma il segretario del Pdl è ben consapevole che senza il suo imprinting le urne del centrodestra rischiano di essere scarne alla prossima chiamata. D’altronde, anche vecchie volpi della politica come Casini e Mauro lo hanno ben capito.
Quindi, mantenere la calma: è inutile agitarsi. Il governo Letta naviga in acque turbolente ma è ben attrezzato per stare a galla e, al di là delle dichiarazioni di facciata, tutti i partiti trasversalmente sono impegnati a guadagnar tempo per darsi una nuova fisionomia. La sintesi finale sarà un nuovo bipolarismo, probabilmente destinato a sconfiggere la protesta inconcludente di Grillo e a decretarne la fine. Ma ciò che preoccupa, date le esperienze passate, è che si cada ancora nell’ennesimo errore di coalizioni ed alleanze elettorali che poi si sciolgono dopo il voto, lasciando il Paese nella consueta impossibilità di essere davvero governato.
Insomma, il solito disco rotto dei facili proclami e delle chiacchiere ma di poca valenza pratica, che potrà smettere di gracchiare solo quando si cambieranno le regole del gioco. E non attraverso una nuova legge elettorale, ma quelle di fondo, ovvero si giunga grazie alla riforma della Costituzione ad un vero cambiamento che porti il modello di democrazia parlamentare a quello presidenziale. E’ tempo che questa giovane Repubblica Italiana decida cosa vuole essere e cosa voglia fare da grande.

martedì 22 ottobre 2013


Davvero bella la manovrina da governicchio…


17 - 10 - 2013Romano Perissinotto

pubblicato su formiche.net 

Lasciamo che altri, più esperti, scrivano nel dettaglio dei pregi ed dei difetti della Legge di stabilità. Lasciamo pure che il dibattito politico si accenda e si spenga con le consueta velocità di una fiammata e si esaurisca poi nelle solite effimere discussioni dei talk show serali. Chiudiamo un occhio sulla sgangherata maggioranza che sostiene il governo e tutti e due sulle sbalorditive dichiarazioni di molti ministri e sottosegretari che lo compongono.

Ma due  considerazioni due sulla percezione di ciò che accade sia consentito farle. La prima, sul significato di stabilità. In premessa, corre l’obbligo di fare i complimenti a Letta perché sta interpretando benissimo il senso della parola e lo applica letteralmente alla sua azione di governo: è ferma, costante ed inalterata nel tempo. Già, peccato però che queste caratteristiche mal si rapportino con lo stato disastroso dell’economia reale del nostro Paese che di ben altre parole, azioni e, soprattutto, atteggiamento avrebbe bisogno. Difficile credere, anche per i più fiduciosi ed ottimisti, che le mezze misure proposte  – vedremo poi il come si svolgerà il dibattito nelle aule parlamentari  – possano sortire un qualsivoglia beneficio per imprese, famiglie e consumi nel prossimo anno. Il comandante Letta, seguendo le indicazioni di rotta che provengono dalla torre di controllo di Bruxelles, è ancora convinto di pilotare un aliante che può sfruttare le correnti – ripresa – per volare. Ostinatamente mantiene la direzione, ma non si accorge che il suo è invece un aereo a motore ed il carburante (leggi imprese e consumi) è in riserva da oramai troppo tempo. Una volta finito, rischia di andare a sbattere contro una montagna invece di superarla alzando i giri del motore.
La seconda riguarda gli effetti presumibilmente depressivi che tali incertezze e mezze misure determinano sul comune percepire della gente, in particolare sugli imprenditori ed investitori. Fa sorridere una dichiarazione del ministro Saccomanni che tra i pregi della Legge di Stabilità individua la “certezza” che essa propone per il prossimo trienno: ma dove la vede? Basti notare nella bozza, tra le varie fumose ed incerte coperture indicate sulle quali, come detto, lasciano ad altri più esperti ogni commento tecnico, il susseguirsi di ipotesi alla voce “o in alternativa”. Che significa se non la palese e rassegnata confessione di aver poche idee, peraltro confuse ed aleatorie?  Si pensa davvero che imprenditori ed investitori sani di mente possano trarre da queste premesse quella spinta motivazionale necessaria per credere ancora nella potenzialità del sistema Italia? Pare davvero il governo degli illusi, o peggio, degli sprovveduti.
A meno che, machiavellicamente pensando, quella che doveva essere un’opportunità  di chiudere ogni discussione effimera per mostrare l’essenza di un vero governo del fare, non si riveli l’ennesima dissimulazione di un governicchio con ben altre ambizioni, che nulla hanno a che fare con i reali bisogni del Paese. In questo caso, la stabilità di galleggiamento avrebbe un altro lecito sebbene miserevole e triste significato, ovvero quello di prendere tempo per costruire una nuova operazione politica, diventando così solamente una sorta di grande inganno. A pensar male … ci si azzecca.